Terre rare: una proteina aiuta a selezionarle

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Fondamentali in numerose tecnologie innovative, le terre rare sono tanto preziose quanto difficili da estrarre e selezionare. Per farlo occorre utilizzare solventi, sostanze chimiche inquinanti e parecchia energia. Relativamente abbondanti nella crosta terrestre, ma a basse concentrazioni, hanno dimensioni atomiche e proprietà chimiche simili, cosa che le rende difficili da separare.

La proteina in grado di distinguere le terre rare

Un passo avanti per arrivare a pratiche di estrazione meno impattanti per l’ambiente e più efficienti viene da uno studio della Pennsylvania State University. I ricercatori si sono infatti concentrati sull’utilizzo di una proteina presente nel batterio hansschlegelia quercus in grado di distinguere tra le singole terre rare. Le terre rare sono 15 elementi della tavola periodica – i lantanidi, con numeri atomici da 57 a 71 – e altri due elementi con proprietà simili che sono spesso raggruppati con loro. Tuttavia, ognuna ha applicazioni distinte nelle tecnologie.

Il nostro metodo è applicabile a qualsiasi tipo di raccolta: sia che si estraggano i metalli dalla roccia, sia che si recuperino dai dispositivi. Le pratiche convenzionali di separazione delle terre rare richiedono decine se non centinaia di passaggi e l’uso di grandi quantità di sostanze chimiche tossiche come il cherosene e i fosfonati”, ha precisato Joseph Cotruvo, chimico della Penn State University che ha condotto la ricerca.

Un’alternativa ai sistemi convenzionali di separazione

Cotruvo e il suo laboratorio hanno trovato un’alternativa al processo di separazione convenzionale. “Questa è solo la punta dell’iceberg. Con un’ulteriore ottimizzazione di questo processo, il problema più difficile di tutti – cioè la separazione delle terre rare che si trovano una accanto all’altra sulla tavola periodica – potrebbe essere a portata di mano”, ha detto Cotruvo.” Riuscirci ci permetterà di recuperarle dai dispositivi riducendo la nostra dipendenza dall’estrazione mineraria”.


Articolo originale pubblicato sul sito del Circular Economy Network
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