La scienza non ha dubbi: la crisi climatica sta accelerando, ultimo Rapporto IPCC

“È inequivocabile che l’influenza umana sia alla base del surriscaldamento dell’atmosfera, degli oceani e del suolo”. Si apre così il Sixth Assessment Report (AR6), Climate Change 2021: The Physical Science Basis l’ultimo Rapporto dell’IPCC (l’organo tecnico delle Nazioni Unite sul clima) che aggiorna e raccoglie le evidenze scientifiche sul cambiamento climatico.

Il Rapporto, che ribadisce come a causare l’aumento globale delle temperature, il più veloce degli ultimi 2.000 anni, siano le emissioni di CO2, soprattutto frutto dell’azione umana, dà un messaggio triplice:

  1. la crisi climatica sta accelerando drasticamente, più di quanto si pensava anche solo pochi anni fa per azione dell’ uomo mentre i driver naturali e le variabilità interne del clima hanno avuto un impatto nel medio e lungo termine pressoché nullo;
  2. gli impatti della crisi climatica sono già realtà e saranno sempre più intensi, frequenti, imponderabili, e in alcuni casi sono già irreversibili;
  3. ridurre drasticamente le emissioni di gas serra è l’unico modo che abbiamo per contenere i danni più ingenti all’ambiente, all’economia e alla società.

Gli impatti della crisi climatica sono inoltre aggiornati dal Rapporto. Picchi di temperature e ondate di calore sono sempre più frequenti ed intensi; stanno diventando sempre più frequenti anche i c.d. “eventi estremi combinati” (compound extreme events), che moltiplicano in modo imprevedibile i danni all’ambiente, alle persone e alle cose: incendi estesi e perduranti per la combinazione di periodi siccitosi, molto caldi e anche ventosi; disastri alluvionali per la combinazione di piogge intense e tempeste anomale.

A preoccupare gli scienziati è soprattutto il fatto che gli impatti della crisi climatica sono destinati a prolungarsi ancora per secoli, se non addirittura millenni, anche in uno scenario (ad oggi irrealisticamente ottimistico) di contenimento della crisi stessa. Questi impatti di lungo periodo includono soprattutto lo scioglimento dei ghiacciai, l’acidificazione degli oceani e l’innalzamento del livello dei mari. Se fino al 1970 l’aumento medio del livello del mare è stato di circa 0,1 cm ogni anno, negli ultimi 15 anni si è arrivati ad una crescita media di ben 3,7 cm ogni anno. E la crescita si protrarrà a ritmi elevati anche per i prossimi decenni, con il livello medio dei mari che potrebbe arrivare ad essere, rispetto ad oggi, anche un metro più alto entro la fine del secolo.

Cosa si deve fare per cercare di ridurre al minimo questi impatti? La risposta dell’IPCC non è cambiata: si deve contenere l’aumento della temperatura globale alla fine del secolo entro 1,5 °C rispetto al periodo pre-industriale, e si può fare solo riducendo drasticamente le emissioni di gas serra. Se la neutralità carbonica sarà raggiunta con un ritardo di vent’anni (intorno al 2070), il mondo raggiungerà i +2 °C a fine secolo: e anche se non sembra, mezzo grado in più può fare molta differenza in termini di effetti della crisi climatica, perché più aumentiamo la concentrazione di CO2 in atmosfera, più le risposte del sistema climatico saranno frequenti, intense e in gran parte imprevedibili.

 

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